A noi i mandorlati, a voi i truzzi


Ben ritrovati kdreamers. Come sapete, Pretty Savage, è la rubrica che raccoglie i nostri più oscuri pensieri. Oscuri si fa per dire, visto che, ormai, siamo dei libri aperti. È di sicuro una rubrica un po’ particolare, in cui parleremo di tutto e, forse, anche di niente.

Oggi vi parlerò di un argomento che mi sta molto a cuore. Non c'è bisogno che vi dica apertamente di cosa si tratta, lo capirete man mano che leggerete questa mia disanima.



Sapete una cosa? Da quando mi sono addentrata in questo straordinario mondo mi sono dovuta scontrare con una valanga di pregiudizi che, il più delle volte, mi ha fatto pensare che vivessi in una sorta di mondo parallelo in cui non mi sentivo a casa.

Sono cresciuta fuori dall’Italia, ho trascorso l’infanzia in Germania che in quanto a razzismo ha una storia di tutto rispetto, eppure, lì, io ho conosciuto e condiviso la mia vita con persone provenienti da ogni parte del mondo, anche asiatici. Mio padre mi portava a vedere i film di Bruce Lee, forse la mia vera prima crush al sapor di mandarino.



Per cui il mondo d’Oriente non mi è del tutto nuovo. Gli occhi a mandorla erano la mia abitudine, un po’ per le famiglie che vivevano nel mio stesso palazzo, un po’ per il lavoro dei genitori, un po’ perché l’integrazione non era un problema che mi ponevo a una certa età. Probabilmente i problemi erano gli stessi di adesso, forse anche di più, ma grazie soprattutto a mio padre e ai suoi amici mandarini, sono cresciuta con l’idea che
“non assomigliano a delle femmine”, “non sono strani”, “non sono dei mangia riso”, come noi non siamo dei mangia spaghetti. Non solo, almeno. Perciò, cari amici, capirete che quando scopri la Corea e ti ricorda parte di quel mondo che vivevi nell’infanzia, un po’ ti senti a casa e anche se non capisci una beata mazza di quello che dicono, ti resta comunque familiare.

Eppure allora non sentivo espressioni come quelle che vi ho sopra elencato alle quali aggiungo: “Sono tutti uguali”. No, non sono tutti uguali. Avere gli occhi a mandorla, avere tutti i capelli scuri, non li uniforma. È solo una caratteristica che fa parte di una scrittura genetica che definisce una parte di mondo.



Non discuto il gusto di una persona. Oh, se non ti piacciono gli occhi a mandorla, se non ti attrae la delicatezza delle loro forme hai comunque il mio rispetto, ma se poi definisci una intera categoria di persone, e parlo soprattutto degli
Idol, come gente strana solo perché indossano particolari costumi di scena o usano il trucco anche se sono uomini, (vi svelo un segreto: lo fanno anche a Occidente) e solo per questo fate la faccia da emoticon schifata, allora dimostrate solo pochezza di spirito e un’apertura mentale equivalente a quella di una cozza.

Non mi resta che sorridere e percorrere la strada che mi porta verso lidi più adeguati al mio personale gusto. No, cari signori, non vi giudico neanche in questo caso, anche se il pensiero della vostra mente comparabile a quella di un mitilo mediterraneo, resta inalterato.

Mi piace il Kpop e i suoi artisti truccati. Mi piacciono i drama e i suoi infinti stereotipi, le storie che dipingono i coreani come principi azzurri in groppa a cavalli bianchi anche se la realtà dice che sono tutt’altro che principi, tutt’altro che azzurri e tutt’altro che dotati di cavallo bianco. Però ogni volta che guardo un drama o ascolto una loro canzone stacco dalla realtà che, soprattutto di questi tempi, non è il massimo. Per nessuno di noi. Faccio un lavoro che si prefissa di fare esattamente la stessa cosa, non posso che essere promotrice di una cultura che si presta a liberare la mente da problemi di varia natura, insicurezze e la generale pesantezza del mondo reale. Oddio, in alcuni casi lo fa anche troppo bene, così bene che qualcuno pensa sul serio di sposare il proprio bias. In quel caso consiglio il supporto di uno bravo. Tranne alla moglie di Chen degli Exo. A lei è andata proprio di culo. Ma questa è un’altra storia.

Perciò, Kdreamers, promotori dei mandarini in generale, al prossimo o la prossima che si abbellirà la bocca con una delle ciniche e limitanti espressioni di cui sopra, risponderò con il mio proverbiale savoir faire, o forse glielo scriverò, perché a parlare faccio schifo, mentre a scrivere dicono che me la cavo: frega niente, amici. Frega proprio niente. A me i mandorlati, a voi i truzzi



Fonte immagini: Google




 

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