Recensione: "Le figlie del dragone" di William Andrews

Titolo: LE FIGLIE DEL DRAGONE 
Data di pubblicazione: 12 Novembre 2020
Genere: narrativa straniera, storico
EditoreBeat
Prezzo17,10 cartaceo



Eccomi qui a condividere con voi, cari lettori, una nuova recensione per la rubrica Not a drama, a book!

Oggi vi parlo del libro Le figlie del dragone di William Andrews. Non è facile parlare di questa storia senza il rischio di essere scontati o ricorrere ai soliti luoghi comuni. Cercherò di parlarvene raccontandovi, più che gli eventi del libro, le emozioni che esso mi ha suscitato, sperando che possano essere un input e spingervi a leggerlo.

In breve vi racconto la sua trama: Anna Carlson è una figlia adottiva che giunge fino in Corea alla ricerca delle sue origini. Troverà molto più di questo. Troverà la nonna materna, Hong Jae-hee, la vera protagonista di questo romanzo, che le svela la sua storia, una storia che parte da molto tempo prima, nel 1943, durante l’occupazione giapponese.

Ed è così che si finisce con anima e cuore dentro gli avvenimenti che sconvolgono la vita di una ragazzina che troppo ha visto, troppo ha vissuto per la sua tenera età. Hong Jae-hee ci svela un tempo nascosto a molti, una tela recisa sopra la quale si intravedono i segni di una tale sofferenza che più di una volta mi ha costretto a chiudere il libro perché insopportabile da vedere, sebbene io lo facessi solo con gli occhi della mente e, forse, è stato proprio questo a spingermi a continuare con lei il suo viaggio, pieno di ferite e orrori. Mi sono detta che non avevo il diritto di voltare lo sguardo altrove mentre, comodamente seduta sul mio divano, osservavo il suo avvenire disintegrarsi. Dovevo almeno concedere al suo personaggio la possibilità di farsi raccontare.

Hong Jae-hee è lo specchio di migliaia di donne che attraverso lei trovano il modo di svelare le atrocità a cui sono state sottoposte. Cicli di vita reali che si contrappongono a quello di Jae-hee, si intersecano fra loro e diventano la dura realtà che molti di noi ignorano: questa storia a scuola non te la raccontano perché appartiene a un luogo lontano, ma è più nostra di quanto pensiamo.

Donne di conforto sembra una definizione dolce, materna. È tutt’altro che questo. Erano donne usate per il sollazzo sessuale dei soldati giapponesi durante l’occupazione, quando altre mostruosità simili accadevano anche qui, nella nostra parte di mondo, in un periodo in cui l’umanità o una fetta di essa, ha dato il peggio di sé. Jae-hee era una di loro, una sorta di bambola di pezza nelle mani di giocattolai meschini e senza anima. Uomini che hanno perpetrato le atrocità più brutali al corpo di donne che non potevano difendersi. Donne che venivano stuprate decine e decine di volte al giorno, fino a che la loro anima non si spegneva del tutto e spesso, il conforto, loro, lo cercavano nella morte. Una morte che era sinonimo di libertà.

Fonte immagine: Google

Jae-hee urla il dolore di tutte quelle donne coreane che, non sulle pagine di un libro, ma nella vita reale, hanno subito una tale, immane ingiustizia, chiedendo a gran voce una rivincita che non è mai arrivata.

Ancora oggi, quelle donne piegate da ricordi troppo pesanti e dolorosi, dalla vecchiaia che le ha quasi sconfitte, chiedono giustizia. Ancora oggi quelle donne vengono ignorate, dagli uomini, dalle donne, dalla storia stessa, come se non fossero mai esistite.

Questa storia ferisce pagina dopo pagina e lascia segni indelebili in chi legge, svela una realtà brutale, fa piangere, rende furiosi, fa esclamare a voce alta: «Non è possibile!», salvo rendersi conto che, purtroppo, è possibile. Questa storia va letta in modo imperativo per guardare con occhi diversi una cultura che spesso tendiamo a rendere più rosa di quanto non sia in realtà.

Questa storia va letta per tutte quelle donne, perché solo conoscendo la loro storia potremo rendere loro quella giustizia che ancora cercano.

Fonte immagine: Google

Per concludere il racconto del mio viaggio insieme a Jae-hee, rivolgo il mio plauso all’autore che non ha risparmiato la verità, e mi ha insegnato che la storia non è solo nel passato, la storia appartiene anche al presente, è parte di noi, del nostro bagaglio personale, che sia vissuta vicino oppure lontano, perché siamo tutti parte di uno stesso universo. Sono grata per questa storia. 




 

Commenti

  1. Questo libro rimane per me una ferita aperta, a volte mi viene voglia di sfogliare di nuovo le sue pagine e immergermi nella vita di Jae-hee. Questo libro é un urlo costante verso la società che non reclama la vera giustizia per tutte le donne che portano sule spalle un peso troppo grande per guardare avanti senza rimanere incatenato al proprio passato. Grazie per questa tua meravigliosa recensione, come sempre la tua penna si riconosce, spero che anche altre persone siano spinte dalla curiosità e leggano questo libro meraviglioso!

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